Sembra
una giornata normale, una uguale a tante altre.
Le
faccende di casa, la spesa al supermercato, la progettazione della nuova
attività…
L'"intruso" in ufficio |
Poi
una telefonata di mio marito e la sorpresa inaspettata: “Un gattino si è
infilato nel mio ufficio, ho cercato la mamma nelle vie vicine, ho chiesto a
tutti i vicini, ho chiamato i vigili e la protezione animali, ma nessuno lo
vuole. Amore, so che sei allergica ai gatti, ma non me la sento di abbandonarlo
in strada”.
La
mia risposta non può che essere: “Portalo a casa, in qualche modo faremo e poi
gli cercheremo una famiglia che lo adotti”.
Ecco
quindi arrivare una piccola scatola di cartone, con tanti buchi arrangiati alla
bene e meglio per far respirare il piccolo ospite.
Prima
ancora di aprirla so che troverò due occhietti spaventati che mi guardano
stupiti. So che avrò voglia di abbracciarlo e coccolarlo e non potrò farlo per
non scatenare la mia solita crisi di asma allergica.
Controvoglia
e triste apro la scatolina ed ecco che un tenero musetto tremante viene inondato
di luce.
Abbiamo
“approntato” il bagno grande per accogliere il piccolo ospite che, appena
appoggiato a terra, si rifugia sotto l’armadio del lavabo.
Non
avendo mai potuto avere un gatto, non so bene come comportarmi, ma mio marito
Stefano sa come fare e lo recupera per vedere se vuole mangiare qualcosa.
Dopo il latte, fuga sul bidè |
Cerchiamo
di dargli del latte, ma lui è spaventatissimo e diffidente e solo quando gli
pucciamo letteralmente il musino nella ciotola e lui si rende conto di cosa
sia, inizia a mangiare come un forsennato e lecca tutto con tale velocità da
sembrare con la cannuccia incorporata.
Con
l’aiuto di una Amica/Vicina di casa, grande amante e intenditrice di gatti,
sistemiamo quindi una lettiera e dell’altra pappa.
La
notte passa tranquilla, il gattino stremato dallo stress delle novità, dorme
beato fino al mattino seguente.
Oggi
è venerdì mattina e mio marito deve andare a lavorare, quindi rimarrò sola col
gattino.
Non
voglio spaventarlo né costringerlo ad uscire dal suo nascondiglio senza che non
lo voglia.
Finalmente uscito dal nascondiglio, attirato dalla pappa |
Quindi
preparo la pappa e la sistema abbastanza vicino alla lavatrice, dietro la quale
è rintanato.
Mi
siedo per terra li vicino ed aspetto.
Inizia
timidamente a miagolare. Un verso lieve, quasi soffocato. Sembra che stia
cercando il permesso di farlo.
Cerco
di imitarlo ed emetto un suono il più possibile simile al suo.
Dopo
un po’ di “concertino”, vedo sbucare un musetto.
Piano
piano esce con tutto il suo corpicino. Guardingo e diffidente, attirato
dall’odore del cibo, si avvicina alla ciotolina e inizia a mangiare
voracemente.
Ogni
tanto si ferma e si gira per controllare se mi sono mossa.
Rimango immobile a guardarlo e ogni tanto miagolo per farlo stare tranquillo.
Sono
certa che, appena avrà terminato il pranzo, correrà nuovamente sotto il mobile
del bagno, come ha fatto la sera precedente.
Invece,
inaspettatamente, seppur sempre a passi lentissimi e incerti, mi passa davanti
e va nella lettiera a fare i suoi bisogni.
Dopo
aver sistemato per bene la ghiaietta, inizia a gironzolarmi attorno.
Penso
che sia meglio non cedere alla voglia di accarezzarlo, perché temo di
spaventarlo e, sinceramente, di stare male.
Ma
lui, coraggiosamente, viene verso di me, annusa le mie gambe e poi raggiunge la
mia mano.
Il primo abbraccio! |
Il
tempo sembra essersi fermato. Mi sembra di galleggiare nello spazio, immersa in
una bolla di sapone. Forse è tutto un sogno e tra poco mi sveglierò…
Mi
annusa e appoggia il musetto sul mio braccio.
Non
resisto più e lo accarezzo.
Lui
è ancora diffidente, ma ha evidentemente troppo bisogno di un contatto materno
e di coccole.
Ma
si, al diavolo l’allergia! Ho a portata di mano antistaminico e Ventolin e se
occorrerà li userò.
Vieni
piccino tra le mie braccia!
Ed
ecco il giorno del…miracolo. Si, so che può sembrare un termine esagerato, ma per una che
non è mai neanche potuta entrare in una stanza abitata da gatti, anche in loro
assenza, senza avere un improvviso bruciore e gonfiore agli occhi, senza
iniziare a starnutire e ansimare, la parola “miracolo” diventa un eufemismo.
Riesco
ad accarezzarlo, a sentire il suo cuoricino che batte prima velocissimo e poi
sempre più tranquillo. Lo posso annusare, respirare, vivere.
È
un’emozione così forte che non posso trattenere le lacrime.
Un musetto adorabile! |
Il
suo musetto è bellissimo, ma ha una ferita vicino all’occhio ed è anche per
questo motivo che nel pomeriggio lo porteremo sicuramente dal veterinario.
Le
sorprese della giornata non sono ancora finite!
Dovete
sapere che inizialmente pensavamo che si trattasse di una micina, perché non si
vedeva bene ed evidentemente non ce ne intendiamo molto.
Quindi
dopo un giorno passato a chiamarla micia e poi Patty (dallo spontaneo
vezzeggiativo “patata” che ci aveva ispirato), scopriamo che si tratta di un
bel maschietto!
Sembra
sanissimo, di circa una cinquantina di giorni e sugli 800 grammi di peso.
L’occhietto
andrà curato con un’apposita pomata, ma per il resto sembra che non abbia
subito traumi o altri problemi.
Torniamo
a casa in auto, io sempre con il nostro fagottino in braccio.
Chissà
come mai quel gattino si è infilato proprio nel tuo ufficio? Forse perché era
l’unico al mondo al quale non ero allergica?
Un’altra
serata e nottata passa tranquillamente.
Tentativo di cuccia |
Lui
dormirà nella cuccia approntata con una calda e morbida coperta? Ma soprattutto
potrò davvero tenere questo tesorino con me?
Il
giorno seguente, dato che non ho problemi di allergia, non vogliamo relegarlo
in bagno, per quanto grande sia. Così, dopo aver tappato tutti gli eventuali
pertugi dove potrebbe intrufolarsi, lo portiamo in soggiorno e lo lasciamo
libero.
Leo sulla finestra del bagno |
Mentre
in bagno si sente ormai sicuro e padrone del territorio, il soggiorno è tutta
un’altra cosa e la prima reazione è: corsa disperata sotto il divano!
Ci
vorrà tutto il sabato perché prenda confidenza con l’ambiente, ma ad ogni
rumore nuovo è immancabile il fugone a nascondersi.
E
si dimostra già educatissimo, perché ogni volta che deve fare un bisognino,
corre da sola in cima alle scale per andare in bagno, nella sua lettiera.
E’
incredibile vederlo salire quelle scale, che paragonate a lui sembrano delle
alte montagne, con una velocità, una leggerezza e persino una grazia da
ballerino.
Ho
paura.
Mi
sto innamorando di questo esserino indifeso e coccolone, che mi segue ovunque
vada, cerca le mie carezze, il mio caldo abbraccio e il mio amore.
Temo
che l’allergia possa scoppiare da un momento all’altro e mi tolga tutto questo.
Ma
non perdo la speranza e cerco di non pensarci, anche se ormai non faccio altro,
giorno e…notte.
Leo in braccio ad Emanuela |
In
serata abbiamo come ospiti i nostri più cari amici. Lei è come me molto allergica ai gatti (non solo per questo
motivo ci chiamiamo sister) ed io attendo con ansia il suo arrivo, anche per
avere una conferma: che il piccolo non dia allergia.
Ci
vuole un po’ di tempo prima che Leo, come abbiamo deciso di chiamare il micino,
si abitui alla presenza di altri due persone per lui estranee. Ma poi riusciamo
a farlo calmare ed arriva il momento tanto atteso: Emanuela lo prende in
braccio e lo accarezza.
Allora
è vero! Questo micino non dà allergia!
Sono
salva.
Giochiamo
con lui tutta la sera ed entrambe stiamo benissimo!
Leo che mi aiuta mentre lavoro... |
La
gioia prosegue nei giorni seguenti, quando Leo diventa la mia ombra: mi guarda
incuriosito fare i mestieri, mi osserva attentamente mentre vernicio la
finestra, passa un po’ di tempo da solo a giocare col nastro appeso al suo
cestino oppure con i gomitoli di lana e la pallina di gomma, senza mai
dimenticarsi, ogni tanto, di venirmi vicino a miagolare e cercare una carezza.
Sento
che ormai fa parte della mia vita, fa parte di me e sono immensamente felice.
Poi
iniziano le prime avvisaglie.
Gli
occhi mi prudono. Il naso inizia a gocciolare. Devo aver preso freddo quando
siamo andati in ben due ospedali a trovare la zia di Stefano e poi mio zio. Sai
com’è: fuori fa caldo e dentro c’è l’aria condizionata a manetta. Dentro fuori,
dentro fuori, è un attimo prendersi un raffreddore per una come me che è un po’
delicatina.
Ho
un po’ di tosse. Ecco non dovevo scopare, ma passare l’aspirapolvere.
Mi
manca un po’ il respiro. Sarà un po’ di caldo, un po’ d’ansia, un po’ di…
Posso
mentire quanto voglio a me stessa ma è inutile.
La
favola è finita.
Il
sogno si è infranto nel giro di una settimana.
La
mia maledetta allergia ai gatti rientra prepotentemente nella mia vita, come se
si fosse solo addormentata, assentata per qualche giorno, per poi tornare
devastante come e più di prima.
Il
mio cuore è spezzato.
Prendo
l’antistaminico e il Ventolin per gli attacchi d’asma. Ordino perfino uno spray
da mettere sul pelo di Leo, che assicurano innocuo per il gatto, ma
efficacissimo per le allergie. Continuo a passare l’aspirapolvere e a pulirmi i
vestiti. Sembro un maniaco schizofrenico da tanto continuo a lavarmi le mani…
Il
mio cuore è spezzato, perché lo sa. Lui lo sa che Leo non potrà restare con me.
Dovrò
cercare qualcuno che possa amarlo almeno la metà di quanto lo ami io e sicuramente
anche Stefano. Chissà se riterrò qualcuno alla sua altezza. Ma dovrò farlo, per
forza.
E
quando non sarà più qui con me, sentirò lo stesso le sue zampettine che giocano
sul divano, il suo miagolio che mi chiama perché vuole le coccole e il suo cuoricino
che batte sul mio petto.
Sono
certa che riuscirò a superare tutta questa disperazione.
In
fondo avremo pur sempre salvato un micino da un destino triste e incerto, lo
avremo curato e sistemato in una casa dove lo amano tanto.
In
fondo anche io ho avuto la possibilità, seppur breve, di poter provare cosa
significhi essere amata da un gattino. Cosa che non avrei mai pensato di poter
provare in vita mia.
Quindi
non mi resta che dire: grazie Leo per il bellissimo regalo che mi hai fatto. Ti
vorrò sempre bene.