giovedì 23 giugno 2011

Grazie Leo


Sembra una giornata normale, una uguale a tante altre.

Le faccende di casa, la spesa al supermercato, la progettazione della nuova attività…

L'"intruso" in ufficio
Poi una telefonata di mio marito e la sorpresa inaspettata: “Un gattino si è infilato nel mio ufficio, ho cercato la mamma nelle vie vicine, ho chiesto a tutti i vicini, ho chiamato i vigili e la protezione animali, ma nessuno lo vuole. Amore, so che sei allergica ai gatti, ma non me la sento di abbandonarlo in strada”.

La mia risposta non può che essere: “Portalo a casa, in qualche modo faremo e poi gli cercheremo una famiglia che lo adotti”.

Ecco quindi arrivare una piccola scatola di cartone, con tanti buchi arrangiati alla bene e meglio per far respirare il piccolo ospite.

Prima ancora di aprirla so che troverò due occhietti spaventati che mi guardano stupiti. So che avrò voglia di abbracciarlo e coccolarlo e non potrò farlo per non scatenare la mia solita crisi di asma allergica.

Controvoglia e triste apro la scatolina ed ecco che un tenero musetto tremante viene inondato di luce.

Abbiamo “approntato” il bagno grande per accogliere il piccolo ospite che, appena appoggiato a terra, si rifugia sotto l’armadio del lavabo.

Non avendo mai potuto avere un gatto, non so bene come comportarmi, ma mio marito Stefano sa come fare e lo recupera per vedere se vuole mangiare qualcosa.

Dopo il latte, fuga sul bidè
Cerchiamo di dargli del latte, ma lui è spaventatissimo e diffidente e solo quando gli pucciamo letteralmente il musino nella ciotola e lui si rende conto di cosa sia, inizia a mangiare come un forsennato e lecca tutto con tale velocità da sembrare con la cannuccia incorporata.

Con l’aiuto di una Amica/Vicina di casa, grande amante e intenditrice di gatti, sistemiamo quindi una lettiera e dell’altra pappa.

La notte passa tranquilla, il gattino stremato dallo stress delle novità, dorme beato fino al mattino seguente.

Oggi è venerdì mattina e mio marito deve andare a lavorare, quindi rimarrò sola col gattino.

Non voglio spaventarlo né costringerlo ad uscire dal suo nascondiglio senza che non lo voglia.

Finalmente uscito dal nascondiglio, attirato dalla pappa
Quindi preparo la pappa e la sistema abbastanza vicino alla lavatrice, dietro la quale è rintanato.

Mi siedo per terra li vicino ed aspetto.

Inizia timidamente a miagolare. Un verso lieve, quasi soffocato. Sembra che stia cercando il permesso di farlo.

Cerco di imitarlo ed emetto un suono il più possibile simile al suo.

Dopo un po’ di “concertino”, vedo sbucare un musetto.

Piano piano esce con tutto il suo corpicino. Guardingo e diffidente, attirato dall’odore del cibo, si avvicina alla ciotolina e inizia a mangiare voracemente.

Ogni tanto si ferma e si gira per controllare se mi sono mossa.

Rimango immobile a guardarlo e ogni tanto miagolo per farlo stare tranquillo.

Sono certa che, appena avrà terminato il pranzo, correrà nuovamente sotto il mobile del bagno, come ha fatto la sera precedente.

Invece, inaspettatamente, seppur sempre a passi lentissimi e incerti, mi passa davanti e va nella lettiera a fare i suoi bisogni.

Dopo aver sistemato per bene la ghiaietta, inizia a gironzolarmi attorno.

Penso che sia meglio non cedere alla voglia di accarezzarlo, perché temo di spaventarlo e, sinceramente, di stare male.

Ma lui, coraggiosamente, viene verso di me, annusa le mie gambe e poi raggiunge la mia mano.

Il primo abbraccio!
Il tempo sembra essersi fermato. Mi sembra di galleggiare nello spazio, immersa in una bolla di sapone. Forse è tutto un sogno e tra poco mi sveglierò…

Mi annusa e appoggia il musetto sul mio braccio.

Non resisto più e lo accarezzo.

Lui è ancora diffidente, ma ha evidentemente troppo bisogno di un contatto materno e di coccole.

Ma si, al diavolo l’allergia! Ho a portata di mano antistaminico e Ventolin e se occorrerà li userò.

Vieni piccino tra le mie braccia!

Ed ecco il giorno del…miracolo. Si, so che può sembrare un termine esagerato, ma per una che non è mai neanche potuta entrare in una stanza abitata da gatti, anche in loro assenza, senza avere un improvviso bruciore e gonfiore agli occhi, senza iniziare a starnutire e ansimare, la parola “miracolo” diventa un eufemismo.

Riesco ad accarezzarlo, a sentire il suo cuoricino che batte prima velocissimo e poi sempre più tranquillo. Lo posso annusare, respirare, vivere.

È un’emozione così forte che non posso trattenere le lacrime.

Un musetto adorabile!
Il suo musetto è bellissimo, ma ha una ferita vicino all’occhio ed è anche per questo motivo che nel pomeriggio lo porteremo sicuramente dal veterinario.

Le sorprese della giornata non sono ancora finite!

Dovete sapere che inizialmente pensavamo che si trattasse di una micina, perché non si vedeva bene ed evidentemente non ce ne intendiamo molto.

Quindi dopo un giorno passato a chiamarla micia e poi Patty (dallo spontaneo vezzeggiativo “patata” che ci aveva ispirato), scopriamo che si tratta di un bel maschietto!

Sembra sanissimo, di circa una cinquantina di giorni e sugli 800 grammi di peso.

L’occhietto andrà curato con un’apposita pomata, ma per il resto sembra che non abbia subito traumi o altri problemi.

Torniamo a casa in auto, io sempre con il nostro fagottino in braccio.

Chissà come mai quel gattino si è infilato proprio nel tuo ufficio? Forse perché era l’unico al mondo al quale non ero allergica?

Un’altra serata e nottata passa tranquillamente.

Tentativo di cuccia
Lui dormirà nella cuccia approntata con una calda e morbida coperta? Ma soprattutto potrò davvero tenere questo tesorino con me?

Il giorno seguente, dato che non ho problemi di allergia, non vogliamo relegarlo in bagno, per quanto grande sia. Così, dopo aver tappato tutti gli eventuali pertugi dove potrebbe intrufolarsi, lo portiamo in soggiorno e lo lasciamo libero.

Leo sulla finestra del bagno
Mentre in bagno si sente ormai sicuro e padrone del territorio, il soggiorno è tutta un’altra cosa e la prima reazione è: corsa disperata sotto il divano!

Ci vorrà tutto il sabato perché prenda confidenza con l’ambiente, ma ad ogni rumore nuovo è immancabile il fugone a nascondersi.

E si dimostra già educatissimo, perché ogni volta che deve fare un bisognino, corre da sola in cima alle scale per andare in bagno, nella sua lettiera.

E’ incredibile vederlo salire quelle scale, che paragonate a lui sembrano delle alte montagne, con una velocità, una leggerezza e persino una grazia da ballerino.

Ho paura.

Mi sto innamorando di questo esserino indifeso e coccolone, che mi segue ovunque vada, cerca le mie carezze, il mio caldo abbraccio e il mio amore.

Temo che l’allergia possa scoppiare da un momento all’altro e mi tolga tutto questo.

Ma non perdo la speranza e cerco di non pensarci, anche se ormai non faccio altro, giorno e…notte.

Leo in braccio ad Emanuela
In serata abbiamo come ospiti i nostri più cari amici. Lei è come me molto  allergica ai gatti (non solo per questo motivo ci chiamiamo sister) ed io attendo con ansia il suo arrivo, anche per avere una conferma: che il piccolo non dia allergia.

Ci vuole un po’ di tempo prima che Leo, come abbiamo deciso di chiamare il micino, si abitui alla presenza di altri due persone per lui estranee. Ma poi riusciamo a farlo calmare ed arriva il momento tanto atteso: Emanuela lo prende in braccio e lo accarezza.

Allora è vero! Questo micino non dà allergia!

Sono salva.

Giochiamo con lui tutta la sera ed entrambe stiamo benissimo!

Leo che mi aiuta mentre lavoro...
La gioia prosegue nei giorni seguenti, quando Leo diventa la mia ombra: mi guarda incuriosito fare i mestieri, mi osserva attentamente mentre vernicio la finestra, passa un po’ di tempo da solo a giocare col nastro appeso al suo cestino oppure con i gomitoli di lana e la pallina di gomma, senza mai dimenticarsi, ogni tanto, di venirmi vicino a miagolare e cercare una carezza.

Sento che ormai fa parte della mia vita, fa parte di me e sono immensamente felice.

Poi iniziano le prime avvisaglie.

Gli occhi mi prudono. Il naso inizia a gocciolare. Devo aver preso freddo quando siamo andati in ben due ospedali a trovare la zia di Stefano e poi mio zio. Sai com’è: fuori fa caldo e dentro c’è l’aria condizionata a manetta. Dentro fuori, dentro fuori, è un attimo prendersi un raffreddore per una come me che è un po’ delicatina.

Ho un po’ di tosse. Ecco non dovevo scopare, ma passare l’aspirapolvere.

Mi manca un po’ il respiro. Sarà un po’ di caldo, un po’ d’ansia, un po’ di…

Posso mentire quanto voglio a me stessa ma è inutile.

La favola è finita.

Il sogno si è infranto nel giro di una settimana.

La mia maledetta allergia ai gatti rientra prepotentemente nella mia vita, come se si fosse solo addormentata, assentata per qualche giorno, per poi tornare devastante come e più di prima.

Il mio cuore è spezzato.

Prendo l’antistaminico e il Ventolin per gli attacchi d’asma. Ordino perfino uno spray da mettere sul pelo di Leo, che assicurano innocuo per il gatto, ma efficacissimo per le allergie. Continuo a passare l’aspirapolvere e a pulirmi i vestiti. Sembro un maniaco schizofrenico da tanto continuo a lavarmi le mani…

Il mio cuore è spezzato, perché lo sa. Lui lo sa che Leo non potrà restare con me.

Dovrò cercare qualcuno che possa amarlo almeno la metà di quanto lo ami io e sicuramente anche Stefano. Chissà se riterrò qualcuno alla sua altezza. Ma dovrò farlo, per forza.

E quando non sarà più qui con me, sentirò lo stesso le sue zampettine che giocano sul divano, il suo miagolio che mi chiama perché vuole le coccole e il suo cuoricino che batte sul mio petto.

Sono certa che riuscirò a superare tutta questa disperazione.

In fondo avremo pur sempre salvato un micino da un destino triste e incerto, lo avremo curato e sistemato in una casa dove lo amano tanto.

In fondo anche io ho avuto la possibilità, seppur breve, di poter provare cosa significhi essere amata da un gattino. Cosa che non avrei mai pensato di poter provare in vita mia.

Quindi non mi resta che dire: grazie Leo per il bellissimo regalo che mi hai fatto. Ti vorrò sempre bene.



mercoledì 8 giugno 2011

Pannelli solari...a colori



In questo particolare momento storico per l’Italia, e non solo per lei, ci si sta finalmente rendendo conto della necessità di trovare e sviluppare nuove fonti di energia ecologica.

Il processo potrebbe risultare lungo e difficile, ma si può e si deve fare qualcosa da subito.

E’ quindi con particolare piacere che leggo ogni giorno articoli su come l’uomo si stia sforzando in questo senso, per migliorare il futuro di questa nostra amata terra.

Pannelli Solari Tradizionali
La notizia di oggi riguarda gli ormai noti pannelli solari.

Fino ad ora, infatti, si era obbligati a posizionarli inclinati in modo che i raggi solari giungessero perpendicolarmente sui pannelli, al fine di ottimizzarne le prestazioni. 
Obbligo a volte molto limitante.

Un gruppo di ricercatori israeliani è riuscito, però, a sviluppare un nuovo tipo di celle solari che riescono a migliorare il loro rendimento anche quando la luce non colpisce direttamente il pannello colorato e che diffonde la luce che arriva su tutta la sua superficie.

Nuove Celle Solari Colorate
A prima vista sembrerebbe un semplice plexi-glass colorato, in realtà è un’invenzione a dir poco sensazionale realizzata con tinture fluorescenti e nano-particelle metalliche, che per la sua costruzione necessita dell’80% di silicio in meno rispetto ai normali pannelli solari in commercio, con conseguente notevole risparmio dei costi di produzione.

Es. Posizionamento Verticale
Certo questo prototipo ha per ora un limite: la sua efficienza è bassa e si aggira intorno al 12%, rispetto al 43% delle celle solari utilizzate fin ora.

Ma lo studio continua e si pensa di poter raggiungere già a breve un’efficienza del 20%, anche perché spalmandosi su tutta le superficie della cella, dove abbiamo meno silicio del normale, la luce solare spreca meno energia di calore dissipato, cioè smaltito per perché manda in temperatura eccessiva il sistema.

Non appena si saranno aumentati i suoi rendimenti, questo nuovo pannello solare riuscirà a dare l’opportunità a più persone di installarlo.

E per ben 3 motivi:

1)  costi di produzione notevolmente ridotti;

2)  possibilità di essere posizionato anche su tetti che non ricevono il sole perpendicolarmente;

3)  facilità di mimetizzazione, o comunque riduzione di impatto visivo, grazie all’ampia scelta di color disponibili.

Non mi resta quindi che ricordarvi di andare a votare domenica 12 giugno per “ribadire” il nostro rifiuto del nucleare.

mercoledì 1 giugno 2011

Cohousing: ritorno al passato in chiave moderna?


Oggi ho letto un articolo molto interessante sul Cohousing, che si presenta come una boccata d'aria fresca e una nuova speranza in quest'epoca caratterizzata dall'individualismo e dall'aver dimenticato il reale significato del termine "comunità".

Per chi ancora non lo conoscesse, si tratta di una “nuova”, per alcuni potrebbe invece sembrare “antica”, concezione di “abitare insieme”.

Vita e lavoro in cascina
“Antica” perché sono sicura che mio nonno direbbe che ricalca la vita di cascina, dove più famiglie dividevano non solo l’abitazione privata, ma anche tutti gli spazi comuni, rendendole paragonabili a piccoli paesi, con spazi per i bambini, piccole aule per lo studio, perfino cappelle per i momenti di preghiera.

“Nuova” perché cambia il motivo che spinge ad andare a vivere insieme.

In questo senso potremmo quindi definire il Cohousing un “ritorno al passato in chiave moderna”, in quanto si riscopre il piacere di condividere la propria vita insieme ad altre persone che, questa volta, non condividono solo il lavoro nei campi, ma il modo di vedere la vita e di considerare importanti certi suoi aspetti anziché altri.

Ma andiamo con ordine.

Un cohousing scandinavo
Il Cohousing nasce in Scandinavia negli anni ’60, con l’intento di far vivere insieme più nuclei famigliari che condividano risorse e spazi, con benefici sia dal punto di vista sociale e ambientale, che economico.

Le motivazioni che portano alla co-residenza, infatti, sono l’aspirazione a ritrovare dimensioni perdute di socialità, di aiuto reciproco e di buon vicinato e contemporaneamente il desiderio di ridurre la complessità della vita, dello stress e dei costi di gestione delle attività quotidiane.

Cooperazione e Vita Sociale
Solitamente queste comunità sono progettate ed amministrate direttamente dai residenti, che si impegnano a vivere in comunità con i vicini e partecipare, pur senza un reale obbligo, alla vita sociale del gruppo.

La sicurezza e la cooperazione risultano particolarmente apprezzate da chi ha bambini e dalle persone anziane, che non si ritrovano più “sole” nelle grandi città.

Es. di lavanderia comune
Inizialmente gli spazi condivisi erano pochi e di puro carattere tecnico, come ad esempio le sale lavanderia, che permettevano di avere uno spazio dedicato al bucato, per lavare e stendere senza occupare spazi vitali delle abitazioni private, ma anche per risparmiare i costi di acquisto e manutenzione degli apparecchi necessari.

Con il passare del tempo, gli spazi in condivisione hanno dato libero sfogo non solo alle necessità ma anche alla fantasia dei cohouser.

Ecco quindi comparire palestre, piscine e spazi per chi è interessato alla cura del proprio corpo e della propria salute.

Poi micro-nidi e spazi giochi, anche con baby sitter, per aiutare le famiglie con la gestione dei propri bambini.

E ancora, spazi attrezzati per il “fai da te”, dove non solo poter aggiustare ma anche creare, con gli utensili adatti comprati tutti insieme.

Oppure mini appartamenti indipendenti per gli ospiti e sale comuni dove ritrovarsi per stare in compagnia.

Progetto di orti verticali in cohousing a Milano
Infine, orti e serre per condividere anche la passione per il biologico, sempre con un occhio di riguardo al risparmio.

Ma i cohouser si sono accorti che, oltre agli spazi, si poteva anche ottimizzare la gestione di alcune incombenze quotidiane e quindi hanno organizzato servizi di car-sharing e bike-sharing, di segreteria che paga le bollette o accompagna i bambini a scuola, di gruppi di acquisto per fare la spesa, e chissà che altro ancora…

Insomma limitare lo stress e le spese, aumentando il tempo a disposizione e la felicità di tutti.

Ma il crescente successo dei cohousing non è dato solo da chi da importanza al valore sociale e alla convenienza economica, bensì anche da tutti coloro che fanno del rispetto per l'ambiente e il consumo sostenibile un punto fermo nella loro vita.

Es. di Eco-housing
Infatti, l'opportunità di progettare e scegliere i materiali e le più moderne tecnologie per i risparmi energetici, rendono il cohousing la soluzione ideale per la realizzazione di case veramente eco-compatibili. Inoltre, centralizzando i servizi in spazi comuni, si possono contenere le superfici delle abitazioni, con conseguente risparmio di riscaldamento/raffrescamento e illuminazione.

Quindi il cohousing, o "eco-housing" come qualcuno inizia a chiamarlo, sembra realizzare il sogno di una condivisione pacifica e serena di spazi, risorse e valori.

Come avrete capito il cohousing mi entusiasma perché fonde aspetti che sono per me molto importanti: il rispetto per se stessi, con la tutela della propria privacy, fuso in piena armonia con il rispetto per il prossimo; la gioia che regala la cooperazione e l’aiuto reciproco; la eco-sostenibilità dei progetti e dei servizi.

Non ho la fortuna di abitare in un cohousing, ma ho lasciato un grande e triste condominio milanese per una cascina ristrutturata e, pur non avendo spazi e servizi comuni, sono felice di aver riscoperto l’amicizia e la cooperazione tra (almeno alcuni) vicini di casa J